Il green pass e le minacce dell’ingegneria sociale. Lezioni da un recente passato

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Il Green pass come esperimento sociale, al momento non risulta ancora obbligatorio, ma il fatto che i governanti di nazioni fondatrici dell’Unione Europea come Francia e Italia, divulghino a mezzo stampa la sua introduzione erga omnes, non lascia certo ben sperare.

Le carte costituzionali postbelliche delle nazioni europee, già da tempo tradite e aggirate dai governanti, riusciranno ad ergersi ancora una volta come bastione difensivo dei diritti fondamentali dei cittadini nelle nazioni democratiche?

La razionalità tecnica di oggi non è dissimile dalla razionalità del dominio, che vide il Vecchio Continente come teatro dei genocidi del XX secolo. Macabri prodotti collaterali del desiderio di una modernità anomica che cercò di modificare il mondo, controllandolo e piegandolo alla progettazione dei bioburocrati.

L’utilizzo di tecnologie di segregazione e separazione come strumenti atti a promuovere l’indifferenza etica e umana, dal punto di vista del potere serve anche a mettere a tacere le voci dei singoli.
Un risultato acquisibile solo attraverso la tecnicizzazione dell’azione sociale, l'incontrastato trionfo del management, che depotenzia le motivazioni morali alla base delle comunità umane minacciando definitivamente il senso della democrazia.

Oggi, dinanzi alla nuova deriva tecnocratica, quali percorsi rimangono a disposizione dei liberi cittadini per esprimere il proprio dissenso?