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N.D.R.
Pubblico per conoscenza questo racconto ultra New Age e come sempre specialmente in questo caso consiglio di vagliare attentamente e di prendere cio' che è piu' coerente con le vostre convinzioni acquisite.
Rifiuto e condanno a priori la citazione a "BLOOD OVER INTENT"
Guglielmo
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L'axis mundi (lett. "asse del mondo") è un termine proprio della storia delle religioni[1], con il quale si indica la nozione di asse dell'universo presente in differenti religioni e mitologie.
Definizione
Sono diversi gli ambiti che posseggono la funzione di Axis Mundi, ovvero la funzione di collegare Cielo, Terra e Inferi[2]. Esempi di Axis Mundi sono il Monte Meru della cosmologia religiosa del Sud-est asiatico, lo Hara Berezaiti della tradizione religiosa iranica o anche l'Himinbjörg della mitologia scandinava[2]. Anche gli alberi "cosmici" svolgono la funzione di "asse dell'universo".
Così Mircea Eliade:
«Nei miti e nelle leggende sull'Albero della Vita abbiamo spesso trovato implicita l'idea che esso si trova nel centro dell'Universo e collega Cielo, Terra e Inferno. Questo dettaglio di topografia mitica ha valore particolarissimo nelle credenze dei popoli nordici, sia altaici che germanici e centro-asiatici, ma la sua origine è probabilmente orientale (mesopotamica).»
( Mircea Eliade, Albero - "Axis Mundi", in Trattato di storia delle religioni, Torino, Boringhieri, 1984, pp. 384 e ss..)
Gli Altaici ritengono che al centro della Terra si collochi un gigantesco abete che arriva alla dimora di Bai-Ulgän, ovvero fino al Cielo[3]. In modo simile i Tartari Abakan ci dicono di una betulla che cresce su una montagna di ferro[3]. Medesima concezione si riscontra nelle credenze antico scandinave con l'albero Yggdrasil, mentre i Sassoni chiamano tale l'albero come Irminsul[4]. In alcune mitologie cinesi, l'albero cosmico si situa presso la "Capitale perfetta" eretta al centro del mondo e da lì collega le Nove Sorgenti ai Nove Cieli; tale albero viene nominato come "albero eretto" ("Kieou-Mou")[5]. Allo stesso modo il "primo albero" della tradizione Maya, Yaxche, il cui posto indica il centro di tutte le direzioni e i colori dell'universo[2].
«L'albero, secondo questi miti, esprime la realtà assoluta nel suo aspetto di norma, di punto fisso, sostegno del Cosmo. È il punto d'appoggio per eccellenza. Di conseguenza, le comunicazioni col cielo possono avvenire soltanto intorno a esso, o addirittura per suo tramite.»
(Mircea Eliade, 1984, pp. 384 e ss.)
Simo Parpola[6] evidenzia la presenza dell'"albero sacro" nella tradizione religiosa assira, rappresentazione del sovrano assiro in qualità "Axis Mundi", ovvero di unione tra cielo e terra in quanto rappresentante del cielo sulla terra. Lo studioso finlandese[6] ritiene anche che tale rappresentazione sia alla base dell'albero della tradizione ebraica della Qabbaláh, mentre le nozioni relative siano presenti anche nello Zoroastrismo e nelle correnti platoniche[7].
Nelle tradizioni degli indiani del Nordamerica è presente un pilastro cosmico in qualità di “Axis Mundiâ€. Presso gli indiani Lenape, ma non solo, il palo al centro di dove si svolge il culto cerimoniale sostiene il cielo giungendo alla divinità celeste[2].
Anche le città , in particolare modo quelle imperiali con i loro palazzi e templi, possono svolgere il ruolo di "Axis Mundi", riproducendo l'immagine della montagna cosmica (vedi ad esempio lo ziggurat babilonese)[2].
Tutte queste immagini dell'"Axis Mundi" risultano essere dei luoghi di passaggio dove gli esseri, umani e non, possono incontrarsi o passare da un luogo all'altro; ma tali immagini possono anche indicare la soluzione di contraddizioni nello sviluppo spirituale in quanto ogni differente piano entra in comunicazione[2]. Per questa ragione, ovvero per il fatto che l'"essere", nella sua completa essenza e quindi nella sua piena realtà , è accessibile in tutte le sue dimensione, il luogo dell'Axis Mundi è considerato il più sacro[2].
Questi simboli quindi, nella loro ambivalenza (in quanto collegano i differenti regni celesti, terreni e inferi, ma al contempo ne sottolineano la distanza) implicano un particolare vissuto basato sulla necessità di una rottura dei differenti piani di esistenza, per realizzare una differente esperienza del mondo rispetto a quella ordinaria[2].